Il direttore generale della Varesina, Massimiliano Di Caro, ha raccontato ai nostri microfoni la crescita del club rossoblu dall’ingresso in società di suo papà: Aquilino Di Caro. Le sue parole si sono soffermate sull’incertezza sua e di suo fratello (Matteo Di Caro) vedendo la scelta del padre di prendere un club in Promozione. I due fratelli, però, hanno con il tempo preso consapevolezza di quanto importante fosse il progetto del papà. Le strutture e il settore giovanile sono il fiore all’occhiello della Varesina, che la scorsa estate ha mandato quattro giocatori della Prima Squadra nei professionisti. Di Caro ha sottolineato valori fondamentali come la meritocrazia, l’impegno e la passione per continuare a crescere e rendere ancora più grande la Varesina.
Venire da una famiglia con un’azienda importante (Scoiattolo n.d.r) ti ha messo l’etichetta di “figlio di papà”?
“Direi una cosa non vera se dico che non sono stato fortunato. Avendo un’azienda di famiglia la fortuna c’è stata, però ti posso assicurare che mio padre è molto meritocratico. Se io, mio fratello e mia cugina non avessimo avuto le capacità, non saremmo in questi ruoli. Sicuramente inizialmente ho subito questa cosa del giudizio esterno, ma mai da parte della mia famiglia.”
Come nasce il progetto Varesina?
“La Varesina è nata nel 2010 grazie a Pasquale e Francesco Cuscunà, che ci hanno poi coinvolto nel progetto. Nel 2014, dopo aver vinto 3 campionati di fila, mio papà era entrato in società già come sponsor ed ha deciso di venir via da Solbiate (dalla Solbiasommese Calcio n.d.r.) ed ha avuto un primo contatto per entrare alla Varesina. Un giorno ha chiamato in ufficio me e mio fratello per dirci della Varesina. Noi giocavamo in Eccellenza, stavamo andando in D e saremmo dovuti scendere in Promozione. Lui però era convinto che avremmo fatto qualcosa di importante. Abbiamo vinto al primo anno la Promozione, poi playoff Eccellenza, tre anni in D. La società è cresciuta molto più velocemente di quanto ci aspettassimo.”
Gli sbagli vi sono serviti?
“Sì assolutamente, l’esperienza si fa anche sbagliando. Io ho imparato tanto dall’anno in cui siamo retrocessi (2017-2018 n.d.r).”
Prima la Varesina era un trampolino di lancio, ora ricevere la chiamata della Varesina è un orgoglio?
“I fatti sono costruiti sulla credibilità. Noi lo siamo sempre stati e non abbiamo mai mancato una promessa e questo oggi ci sta dando ragione. Chiaro che ci sono voluti molti anni e ce ne vorranno altri per fare ciò che abbiamo in mente. Oggi quando si chiama una persona dello staff o giocatore veniamo visti come una società modello. Continueremo ad essere un trampolino di lancio perché abbiamo mandato tanti giocatori e addetti ai lavori nei professionisti.”
La vostra chiave è proprio la pazienza?
“Ci sono state possibilità di andare altrove, persone che ci hanno chiamato, ma ci sentiamo parte del territorio, di un qualcosa di grande che abbiamo costruito. Questa cosa qui ti scorre nelle vene e non puoi separarti. Gli investimenti fatti sono una presa di coscienza su quello che si vuole fare realmente.”
Quanto è importante per voi il settore giovanile?
“Il settore giovanile è il nostro fiore all’occhiello perché è un investimento importante. Abbiamo numeri grandi, non solo di ragazzi, ma anche di persone che ci gravitano attorno. Oggi non parlano solo i risultati delle classifiche, ma anche i ragazzi che vanno nei professionisti. Ogni anno circa 20-25 ragazzi vanno in società professionistiche di Serie A, B e C. La scorsa estate abbiamo anche mandato 4 giocatori della Prima Squadra nel professionismo per la prima volta.”
Avete fatto la curva allo Stadio, avete intenzione di costruire altro?
“Abbiamo già depositato un progetto che ci consentirebbe di giocare a Venegono in Serie C: l’ampliamento dei posti a sedere, videosorveglianza, illuminazione etc. Già quest’anno potremmo iniziare i lavori.”
Marco Spilli rappresenta la Varesina, chi è per voi?
“Marco è un grandissimo allenatore ed è migliorato esponenzialmente. Una persona che si aggiorna e che dà continui stimoli. Ad oggi faccio fatica a vedere la Varesina senza Spilli. Lui merita di essere l’allenatore da tanti anni. Ha un senso di appartenenza difficile da trovare. Ogni anno si mette in discussione, io e lui abbiamo confronti continui e siamo uno stimolo l’uno per l’altro. Oggi inserirei in questo duo anche Damiano Micheli (direttore sportivo n.d.r) perché è una persona che spero possa rimanere con noi tanti anni. Sono due grandissimi uomini e questo li fa calare nel progetto.”
Avete infrastrutture importanti, c’è in mente l’idea di ampliarle?
“Mio papà è un vulcano, prenderebbe un centro all’anno e magari noi lo freniamo (ride n.d.r). Oggi abbiamo quattro centri di cui uno con campi da padel e ristorante, dove faremo anche campi da tennis. Diventare nel tempo una polisportiva ci stuzzica. Quest’anno abbiamo deciso di spostare la Prima squadra a Cairate con la Juniores creando un polo dedicato ai più grandi. Hanno la loro palestra e il campo coperto a 5 per fare riscaldamento se fa freddo. Le strutture sono sempre migliorabili.”
La vostra tifoseria com’è? Ci state lavorando?
“Quest’anno abbiamo investito tanto su un’azienda di comunicazione facendo cose carine per avvicinare le persone. Quando giochiamo in casa stiamo ci sono attività con le società del territorio. Siamo giovani come società quindi far appassionare le persone non è semplice, ma il coinvolgimento sta aumentando. Con Sant’Angelo e Ospitaletto c’erano quasi 1000 persone, con il Crema domenica scorsa circa 500. Vogliamo far capire alle persone che non si viene solo per vedere la partita, ma in un ambiente dove si sta bene.”
La Varesina è una corazzata?
“Non ci sentiamo una corazzata, siamo una buonissima squadra con valori di gruppo importanti. Ci sono ragazzi che tutti i giorni lavorano per fare qualcosa in più. Siamo forti e sicuramente con il mercato potremo anche noi fare qualcosa per migliorare la squadra dove c’è qualche nervo scoperto. Qualsiasi situazione può essere migliorabile.”
Asia Di Palma