Il direttore sportivo del Vigasio, Marco Pacione, è intervenuto a “D-Time” un giorno esatto dopo il derby tra la sua squadra e il Chievo, club in cui ha lavorato per 26 anni. Pacione, infatti, ha vissuto l’epopea del Chievo Verona, che ha fatto la storia del calcio italiano raggiungendo anche l’Europa. In estate, una cordata di soci del Vigasio ha partecipato all’asta per far rivivere il marchio del Chievo, ma a presentare l’offerta più alta è stato Sergio Pellissier: lo storico capitano gialloblu. Pacione ha analizzato il match di domenica ed ha sottolineato la forza della sua squadra con tanti giovani di talento.
Che partita è stata per te quella con il Chievo?
“La mia partita in tutti i sensi perché ho lavorato 26 anni nel Chievo. C’era una bella cornice di pubblico. Una partita tirata: nel primo tempo ci siamo fatti un po’ sorprendere avendo una squadra giovane e non abituata a questo tipo di partite. Abbiamo concesso qualcosa al Chievo, poi nel secondo tempo, dopo il rigore parato dal nostro portiere, è venuta fuori la squadra. Abbiamo costretto il Chievo a difendersi e abbiamo creato situazioni pericolose.”
Che sensazioni hai provato a ritrovare il Chievo?
“L’affetto è immutato. Ora è il Chievo di Pellissier e del vice presidente Zanin. Pellissier è stato un grande e storico giocatore del Chievo: fare 140 gol in Serie A non è da tutti i giorni. C’era una bella atmosfera con tanti tifosi che hanno vissuto una grande epopea di questa squadra. Una giornata particolare per me, me la sono goduta con tanti amici ed è stato un orgoglio vedere la mia squadra (il Vigasio n.d.r) esprimersi al meglio nel secondo tempo.”
Come hai visto il Chievo e la sua stagione fino ad ora?
“Squadra costruita per fare un campionato diverso da quello che sta facendo. Allegretti conosce bene l’ambiente, ho visto che ha trovato degli equilibri e ci ha messo in difficoltà. Ha giocatori importanti per la categoria. Naturalmente stanno lavorando per trovare la giusta determinazione per raggiungere i risultati.”
Com’è stato tornare nel dilettantismo dopo tantissimi anni nel professionismo?
“Sono partito dal calcio dilettantistico e sono tornato in una società dove conoscevo la dirigenza. Ora sono molto soddisfatto, ci sono dei soci che si conoscono da 25 anni ed è una società solida. Bisogna fare le cose con passione: abbiamo raggiunto buoni risultati e stiamo crescendo. Devo ringraziare i soci che mi hanno permesso di lavorare con fiducia.”
Le vicende estive hanno cambiato il rapporto con Pellissier?
“Ieri ci siamo abbracciati, abbiamo condiviso momenti fantastici assieme. Non c’è nessun tipo di attrito. Noi con il nostro gruppo (Vigasio n.d.r), e Pellissier con il suo, volevamo il bene del Chievo. Loro sono riusciti a prendere il logo e gli auguro il meglio.”
Quanto sono importanti le strutture in questa categoria?
“Il mio gruppo ha partecipato all’asta per il “Bottagisio” poi è arrivata l’Hellas Verona. Era il centro sportivo del Chievo ed è un gioiello. Avere le strutture è importantissimo anche a questo livello tra campo e stadio. L’anno scorso, in Eccellenza, noi ci allenavamo al Bottagisio, ma quest’anno per ovvi motivi non è stato possibile. La prima cosa che ho fatto è stata cercare una struttura adatta alla categoria: ora ci alleniamo a Lazzise, a 25 km da Vigasio, dove c’è tutto. Le strutture rappresentano la priorità per le società. Ora il club sta vedendo se è possibile fare una struttura in sintetico adeguata alla squadra e alle ambizioni.”
Filippo Mozzo ha l’identikit per ambire in alto?
“Ci ho creduto da subito, sono andato a vederlo nella parte finale dello scorso campionato. Questo ragazzo sta confermando tutte le aspettative che avevamo nei suoi confronti. Sta facendo bene, è giovanissimo ed è un punto di riferimento importante. Può diventare un professionista, ne sono convinto.”
La testa in questa categoria quanto conta?
“La testa è fondamentale a tutti i livelli. L’atteggiamento e la voglia di fare sacrifici ti portano a raggiungere i massimi risultati. Ho visto tantissimi giocatori con qualità enormi fermarsi a certe categorie perché avevano problemi a livello caratteriale. Ho giocato con tanti giocatori in Serie A che avevano meno qualità, ma la voglia di arrivare e dimostrare a chi non credeva in loro che potevano fare certe cose.”
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Asia Di Palma