In occasione della sesta puntata di “B-Woman” è intervenuto il vice presidente del Tavagnacco Femminile, Domenico Bonanni. La squadra friulana ha fatto la storia del calcio femminile: dalla Serie A alla Champions League. Bonanni ha analizzato le problematiche attuali del sistema calcio femminile dovute a variabili, che hanno influenzato diversi aspetti.
Il progetto Tavagnacco: dalla nascita ad oggi
“Il progetto nasce dalla famiglia del presidente Roberto Moroso che ha da 30 anni questa società. Io sono arrivato dieci anni fa. Mi guida la passione: io sono romano, trasferito in Friuli perché ho aperto un’azienda qui. Sono arrivate tante variabili che io considero negative perché passare da dilettantismo a professionismo fa sì che chi abbia un progetto da dilettanti non riesca ad andare avanti. Vi do una cifra: quello che spendevamo noi di ingaggi all’ultimo anno di play-off per andare in Champions era il 30% di quello che spendiamo oggi per fare la Serie B. Io come imprenditore sto attento ai numeri: c’è un budget e da questo non si sgarra. Quando facciamo un budget determinato alla fine molte delle spese sono intoccabili e forse quello che devi toccare è la rosa: devi lavorare con una rosa giovane, 50% del quale viene dalla C. Il livello si sta alzando e non è così scontato che chi ha giocato una Serie C riesca a stare in B con profitto.”
L’arrivo della Riforma dello Sport
“La Riforma dello Sport ha contribuito a far sparire i volontari: ne avevamo pochi ma la riforma li ha fatti sparire. I tifosi sono esigenti: ho video di quando contro la Juventus abbiamo portato allo Stadio Friuli 7000 persone paganti. Quando scendi di categoria è difficile: gli incassi da botteghino sono davvero pochi. Io, oltre alla carica di vice presidente, sono uno dei due sponsor del Tavagnacco, ma il sistema in generale non sta in piedi. Il dislivello tra A e B è diventato tantissimo. In Serie B su 16 squadre, 6 sono professionistiche e se hai dietro una squadra maschile è diverso.”
La differenza tra Serie A e Serie B e la presenza di straniere
“Se le partite sono più performanti questo non potrà che migliorare la platea di chi ci si avvicina ma bisogna stare attenti: chi ci si avvicina è un tifoso del maschile e spesso dice che un campionato Nazionale femminile assomiglia a una Serie D maschile. Questo è un paese di calcio maschile quindi per portare i tifosi ad apprezzare il femminile ci vorrà tempo. Il problema è che quando arrivano le straniere si alzano costi, anche delle italiane. Una distinta è fatta di 20 giocatrici: se fai sostituzioni hai bisogno di giocatrici performanti e quindi inserisci le straniere. Si portano in panchina giocatrici italiane, pagate, ma così le stai togliendo alla Serie B e non cresci. Io ho fatto parte di quei focus group che hanno divulgato al cambiamento dei format: mi sono battuto perché in Serie B ci fossero solo 3 straniere, poi siamo arrivati a 5 che è un buon compromesso.”
Rapporto con l’Udinese e il format Serie A
“L’Udinese ha 100 volte dichiarato che stante la situazione delle licenze Nazionali: oggi l’obbligo del femminile è 40 Under 12, una Squadra Under 15 e una U17. Noi lo facciamo per l’Udinese, ma oltre loro non vogliono andare, noi ringraziamo l’Udinese comunque per la collaborazione, ma ci sono tante squadre di Serie A maschile che non hanno il femminile. La FIGC si è fatta guidare da un consulente esterno che ha portato avanti il concetto delle dieci squadre: negli UK c’erano 12 squadre ma sono passati a 10 per far sì che un campionato più stabile portasse a salire di livello. Lì sono arrivati tanti soldi, poi sono tornati a più squadre. Dovrebbe essere un momento di passaggio. Questo fiume di denaro in Italia non è arrivato. Ma il format deve cambiare.”
I rapporti con le società locali: le difficoltà geografiche
“Le tesserate in regione di calcio femminile sono 500, di cui 150 a Tavagnacco. Le altre, a parte Triestina, sono sparse in società minori in collina: difficili da portare in pianura per via di costi e trasporto e spesso sono costrette ad appendere scarpini al chiodo. Io mi sono battuto perché i fondi della Federazione andassero alle Scuole Calcio e ai trasporti. Con tanto dispiacere stiamo andando sui convitti, che aiutano le professionistiche che i soldi li hanno, mentre a noi portano via ragazzine che abbiamo cresciuto con fatica.”
Possibili soluzioni
“Siamo costretti a pensare ognuno al proprio orticello: ogni settimana c’è una partita e bisogna pensare a quello. Io penso che dovrebbero arrivare, per un certo numero di anni, finanziamenti ben strutturati che devono tassativamente stare nelle scuole calcio elite, controllando che non vadano sprecati. Io non nego che la FIGC stia aiutando, ma la LND non aiuta nessuno in Serie C. Però spesso e volentieri questo aiuto è one-shot: si pensa al progetto e arrivano i soldi, ma tra due anni non sai se ci saranno. Se il progetto fosse misurato ci sarebbe una speranza. Oggi le affiliazioni valgono quanto la multa se non segui le regole previste dalla FIGC per il femminile.”
Asia Di Palma